RACCONTI CONDIVISI

PENSIERO AUTOBIOGRAFICO

Ai vari partecipanti è stato chiesto: perché secondo voi è importante raccontarsi? 

Queste le risposte:

Per imparare, gli altri possono trarne qualcosa; 

Può essere bello, può liberarti dal peso che hai dentro;

Raccontarsi può essere un aiuto per chi viene dopo di noi;

Entri in contatto con l'altro, ci sono delle differenze ma anche delle cose in comune;

Comprendere se stessi e gli altri e non giudicare; 

Apprezzare ciò che si ha.

Che effetto vi ha fatto raccontarvi? 

Ansia Imbarazzo 

Mi sono sentito più leggero 

Piacere di raccontare, specialmente quando si ha una certa età

Fragilità 

Consapevolezza 

Bello, non si fa spesso 

Pensiero autobiografico e cura di sé

Nel corso della propria vita, ognuno sente la necessità di raccontarsi. Non è un progetto ma una sensazione. Quasi un'urgenza o un'emergenza, un dovere o un diritto: a seconda dei casi e delle circostanze.

Il pensiero autobiografico è quell'insieme di ricordi della propria vita trascorsa, di ciò che si è stati e si è fatto. Una compagnia segreta, meditativa, comunicata agli altri soltanto attraverso sparsi ricordi, a meno che non diventi uno scopo di vita. Consente a colei o a colui che quasi si sente invadere da questo pensiero, così spiccato e particolare, di sentire che ha vissuto e sta ancora vivendo. La passione avvertita per il proprio passato si trasforma in passione di vita ulteriore. Entra a far parte della nostra esperienza umana e intellettuale soltanto quando gli facciamo spazio quotidianamente; quando si fa esercizio filosofico applicato a se stessi (chi sono e chi sono stato?); quando diventa un luogo interiore di benessere e cura. 

Quando il pensiero autobiografico, un pensiero che nasce nella nostra individualità e di cui soltanto noi siamo gli attori, conosce e svela istanti affettivi, abbandona la sua origine individualistica e diventa altro. L'egocentrismo si muta in un altruismo dell'anima; lascia una traccia benefica soprattutto quando la nostra storia non è più del tutto nostra, quando si scopre che il lavoro sul passato ci riavvicina e il giudicare è difficile. Allora impariamo ad amarla poiché è nostra ed è il primo e ultimo amore che ci è dato in sorte. Per questo il pensare alla propria vita ci cura; ci fa sentire meglio con un raccontarci e un raccontare che diventano forme di liberazione e di rappacificazione. 

Così, in questo riprenderci tra le mani, è come se una nuova vita uscisse da noi. 

Assistiamo allo spettacolo della nostra vita come spettatori: talora indulgenti, talaltra severi e carichi di sensi di colpa, oppure, quasi sazi di quel poco che abbiamo cercato di vivere fino in fondo. 

Viviamo, nell'istante in cui ripercorriamo le strade, i vicoli, le piazze della nostra vita, la profonda emozione di non essere più del tutto noi stessi. 

L'autobiografia non è soltanto un tornare a vivere: è un tornare a crescere per se stessi e gli altri, è un incoraggiamento a continuare a rubare giorni al futuro che ci resta, e a vivere più profondamente - aiutati da quell'io necessario e tessitore reso più vigile e al contempo indulgente - quelle esperienze che, per la fretta e la disattenzione degli anni cruciali, non potevano essere vissute con la stessa intensità.

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